Rassegna stampa


Il Sole 24 Ore,

Il Monte ha invertito la rotta. Le fusioni? decisive per tutti

Da tempo il cda ha avviato un'analisi sulle opzioni industriali a disposizione.
Al rilancio completo serve un percorso lungo, ma ora la crescita è sostenibile

«Il ritorno all’utile nel 2018 e una chiara inversione di tendenza hanno caratterizzato la prima fase del rilancio di Mps. Molta strada resta ancora da fare ed è evidente che il contesto economico non aiuta le banche. Ma i dati di bilancio dimostrano che il Monte, grazie a tutte le persone che ci lavorano, ha invertito la rotta verso una crescita sostenibile». Dopo due giorni di road show a Londra con gli investitori della City a illustrare i conti 2018, approvati dal cda la settimana scorsa e presentati ad analisti e dipendenti, l’amministratore delegato di Mps Marco Morelli commenta in questa intervista a Il Sole 24 Ore il turnaround gestionale della banca salvata dallo Stato poco più di due anni fa.

Partiamo dai conti del 2018. Il ritorno all’utile è certamente una svolta. Ma si può dire che Mps è fuori dalla crisi?
Il rilancio completo di Mps, come ricordo da inizio 2017, necessita di un percorso lungo. Non va dimenticato che dal 2012 fino a fine 2016, la banca ha perso circa 55 miliardi di impieghi e oltre 30 miliardi di raccolta. Ora, nel 2018, invece la raccolta commerciale si è stabilizzata a 62 miliardi, con un costo della provvista dimezzato rispetto agli anni della crisi. Gli impieghi sono tornati a crescere, con flussi di nuovi mutui in aumento del 68% al retail e del 43% alle piccole e medie imprese. Dal punto di vista commerciale, Mps è tornato nuovamente attivo sul mercato. Merito di tutti i dipendenti, che hanno bene operato in un contesto difficile sia per la situazione in cui si trovava la banca, sia per il deterioramento dell’economia a livello europeo e italiano.

Il 2018 è andato bene. Ma avete adeguato le vostre stime interne rispetto al piano originario concordato prima dell’estate 2017 con la commissione Ue. Perché?
Il nostro auspicio è che i risultati del 2019 siano migliori rispetto a quelli del 2018. Ma dobbiamo ovviamente considerare che nel frattempo lo scenario di riferimento è molto diverso e quindi le assunzioni economiche che stavano alla base di quelle cifre non sono più attuali. Vale per Mps quello che vale per molte altre banche che a seguito di questa evoluzione del quadro di riferimento e dei mutamenti di scenario del Pil e dello spread, si apprestano a presentare nuovi piani industriali. Tra l’altro, a causa della presenza geografica nazionale e della tipologia di pura banca commerciale, i risultati del Monte sono strettamente correlati all’andamento dell’economia del paese.

La commissione Ue terrà conto del mutato scenario e accetterà di abbassare i target o chiederà nuovi tagli di costi?
Il tema non è di attualità immediata. Noi rappresenteremo in modo fattuale da dove siamo partiti a inizio 2017, quanto è stato fatto e quanto stiamo facendo. Su queste basi proseguiremo il confronto con i regolatori europei.

Una delle zavorre del Monte era il fardello dei crediti deteriorati. A che punto è il piano di smaltimento degli Npl? E che prospettive avete dopo le novità regolamentari?
Abbiamo già gestito un piano di derisking di dimensioni colossali che ha portato, nel 2018, alla cessione di crediti in sofferenza per circa 30 miliardi e alla riduzione dell’Npe ratio lordo dal 35,8 al 16,4% attuale. Quanto ai crediti unlikely-to-pay (Utp), il piano prevedeva una riduzione di 1,5 miliardi nel 2018; siamo andati oltre arrivando a 2,3 miliardi. Nei target 2019 è prevista un’ulteriore riduzione di 2 miliardi e anche in questo caso contiamo di fare meglio. Pur tenendo conto del fatto che il nuovo quadro macroeconomico inevitabilmente avrà un impatto sui prezzi di cessione delle varie tipologie di crediti non performanti.

Le nuove raccomandazioni della Vigilanza Bce sullo smaltimento degli stock di Npe che peso avranno per voi?
Abbiamo già detto che non prevediamo impatti di rilievo nell’arco temporale coperto dal piano rispetto a quanto concordato con Ue e Bce.

Una delle incognite del 2019 per le banche italiane è il funding. Tra bond da rifinanziare, piani di rimborso della Tltro a Bce e richieste Mrel, il funding tornerà a essere un problema per Mps?
Premesso che la banca è tornata ad avere adeguati coefficienti di liquidità, non vediamo rischi nell’affrontare il rinnovo delle scadenze per l’anno in corso. È evidente che il mercato è cambiato: a inizio 2018 avevamo collocato un bond Tier2 da 700 milioni al 5% circa, oggi gli investitori chiedono rendimenti più alti. Ma l’elevata domanda registrata dal covered bond che Mps ha emesso poche settimane fa dimostra che siamo in grado di cogliere in modo efficace le opportunità che si presentano sul mercato.

Nel 2018 dovevate aumentare il capitale di Vigilanza con l’emissione di un bond Tier2 da 750 milioni. La Ue vi ha concesso un rinvio, date le difficili condizioni di mercato collegate al rischio-Italia. Come intendete procedere? Se il mercato non sottoscrivesse, dovrà intervenire lo Stato?
L’obiettivo è collocare la parte rimanente del Tier2 appena si presenterà una finestra di mercato a prezzi ragionevoli. Inoltre, i requisiti patrimoniali registrati a fine 2018 erano più che capienti anche senza considerare l’ammontare di Tier2 non emesso.

Tra giugno e dicembre 2019 il Ministero dell’Economia, cui fa capo il 68% di Mps, dovrà comunicare alla Ue in che modo intende uscire dal capitale entro il 2021. La banca come si sta muovendo?
La decisione spetta all’azionista. Per quanto mi riguarda ho da tempo avviato con il cda un’analisi strategica sulle opzioni industriali a disposizione dell a banca. Di questo è puntualmente informato l’azionista.

Le alternative sono due: o lo Stato cede le azioni sul mercato o si diluisce con un’aggregazione con un altra banca. Preferenze?
Nessuna preferenza. Quello che posso dire da “tecnico” è che nel settore bancario, in particolare per gli istituti di dimensioni simili a Mps, il tema delle aggregazioni diventa decisivo perché la facilità di accesso al funding istituzionale, i sempre maggiori investimenti per il digital banking e la revisione dei modelli commerciali ed i maggiori costi regolamentari, richiedono importanti economie di scala.

Lei ha più volte detto che il suo mandato alla guida di Mps è a disposizione dello Stato azionista con il 68%. Conferma?
Ho preso l’impegno di contribuire al rilancio del Monte. Portare avanti un piano di ristrutturazione molto impegnativo e contestualmente avviare un piano di rilancio non è un’impresa semplice. Il mio mandato è, come ho sempre ribadito, a disposizione dell’azionista pubblico che ha tutti gli elementi per valutare il lavoro svolto.


Alessandro Graziani