Rassegna stampa


QN Economia e Lavoro,

La banca sostenibile nel futuro di Mps

Marco Morelli, ad di Banca Mps, guarda al futuro dell'istituto nel segno della sostenibilità sia da un punto di vista economico-finanziario, sia delle opportunità per clienti e dipendenti.

SIENA
 
C'è sempre una S nel destino del Monte dei Paschi: per 540 anni è stata l’iniziale di Siena, da 3 anni si è trasformata in quella di Stato, e, secondo l’ad della Banca Marco Morelli, nel 2022 starà per Sostenibile.
«Come vedo il Monte dei Paschi nel 2022? Come una banca sostenibile in tutte le possibili accezioni della parola. Sostenibile da un punto di vista economico-finanziario, da un punto di vista delle opportunità di lavoro per tante migliaia di dipendenti e per i milioni di clienti che serve. E sostenibile da un punto di vista di un nuovo modello di banca, un modo diverso, speriamo anche migliore, rispetto a ciò che abbiamo fatto fino a oggi».

Il Monte è la banca più interessata alle conseguenze del voto?
Noi dobbiamo andare avanti per la nostra strada. Banche come il Monte sono banche di territorio, assistono famiglie, artigiani, commercianti, piccole e medie imprese italiane che non hanno dimensione internazionale. Sono molto allineate all’ andamento dei dati macro del paese. Nel momento in cui il quadro di riferimento si deteriora, è inevitabile che il business di una banca tradizionale come la nostra ne risenta direttamente. Tante proiezioni e obiettivi stimati ed approvati nei piani industriali delle istituzioni finanziarie del nostro Paese non sono più di attualità. L’importante per il Monte è ritrovare un equilibrio di risultati».

Gli utili in calo del primo trimestre sono un campanello?
«Come ho già detto più volte in passato, non guardo mai a uno o due trimestri. Guardo a un percorso che durerà anni. La banca ha perso, dal 2013 alla metà del 2017, circa 50 miliardi di crediti e quasi 40 miliardi di raccolta complessiva.  Nel 2018 abbiamo avviato il recupero con margini positivi».

Dopo gli accantonamenti prudenziali nel primo trimestre per il calo del Pil, ne prevede altri?
«Sono valutazioni che si fanno in funzione del quadro macro. L’aumento dello spread, per esempio, ha impatti su qualunque azienda bancaria che ha titoli di Stato in portafoglio; ma prevedere cosa succederà non è semplice. Per ora è una situazione gestibile».

E se continuassero le tensioni nel governo?
«Non trovo corretto esprimere opinioni sul governo. Chi guida il paese ha un compito molto difficile e sa cosa è necessario fare. Il nostro è un Paese che ha attraversato tante crisi politiche negli ultimi 25 anni ma ha un tessuto industriale, una capacità di innovazione e di ingaggiare talenti che non hanno eguali al mondo. Oltre a un’abilità innata nel trovare la via d’uscita da ogni momento di difficoltà».

A che punto è il piano di ristrutturazione del Monte dei Paschi?
«Nel 2017 abbiamo chiuso l’accordo con i nostri interlocutori in Europa, nel 2018 la banca si è rimessa in cammino e ha riaffermato la sua presenza sul territorio. Nel 2019 dovremo consolidare questo ritorno, nonostante le condizioni più avverse. Siamo andati oltre gli obiettivi di piano nella riduzione degli npl e nel rendere più efficienti le strutture di costo, con una rete più snella. In altri casi, margini commerciali e redditività, andiamo più lenti. Anche perché abbiamo un costo del funding più alto dei concorrenti e tanti paletti che limitano la nostra capacità di manovra. Oltre a un monitoraggio costante di Bce e Unione Europea».

Ha letto il report dell’Economist sul futuro nero delle banche?
«Da mesi in consiglio ripeto che la priorità è trovare un modello di business sostenibile. Quando andavo a scuola, per telefonare dovevi comprare i gettoni, trovare una cabina e sperare che ti bastassero, magari per una “interurbana”. In quegli anni le filiali delle banche aprivano alle 8,30 e chiudevano alle 16,30, proprio come oggi. Dovevi magari fare la fila al banco, per comprare prodotti e servizi molto simili a quelli disponibili oggi. I modelli di business di telefonia, industria e mobilità sono stati stravolti. Quello del credito è rimasto praticamente uguale, con lo stesso modus operandi senza discontinuità evidenti».

Cosa non più sostenibile..
«Ci sono ancora milioni di clienti che vogliono avere un rapporto personale con la banca. L’età media della clientela è attorno ai 50 anni, la fascia di età tra 15 e 30 anni non guarda la tv e non va più in banca. Bisogna investire tanti soldi in processi di innovazione per ridisegnare modelli di servizio, dopo il consolidamento e le operazioni di aggregazione degli ultimi anni. Si dovrebbe chiudere per qualche mese, rivedere tutte le piattaforme, i processi, i modelli di servizio e ripartire da zero. Ciò non è possibile.  L’unica strada è gestire il vecchio e andare verso il nuovo».

Servono cure radicali?
«In teoria sì. Ma disegnare una cura radicale non può andare a scapito del servire milioni di clienti e deve cercare di valorizzare nella maniera più socialmente intelligente migliaia di dipendenti che lavorano in banca. Non sottovaluterei l’apparato regolamentare più pesante ed in continua evoluzione rispetto al passato. Per il Monte questo significa una grande complessità nel portare avanti in parallelo un piano di rilancio stabile e un piano di ristrutturazione molto invasivo. Non facile..

Il futuro prossimo di Banca Mps è stato già disegnato?
«Al management e al consiglio tocca il compito di analizzare tutti i possibili scenari, e di sottoporre all’azionista di maggioranza, il Tesoro, le opzioni possibili».

Avete presentato le vostre idee?
«Il Mef sa cosa pensa il management del Monte. Una strada è quella del consolidamento tra banche di simili dimensioni. Ci sono poi altre soluzioni che possono vedere l’azionista pubblico uscire in modo più graduale. Entro la fine del 2019 il Governo dovrà indicare all’Europa la via d’uscita dal capitale».

Non ci sono alternative?
«Un azionista di riferimento può per definizione vendere la partecipazione, fare entrare un partner, mettere a fattor comune alcune delle attività. La nostra visione è che per poter crescere, investire in persone e infrastrutture e servire meglio i clienti, la dimensione è un tema che diventa molto rilevante. Con una capacità limitata non riesci a raccogliere capitali e far evolvere il modello di business. Ripeto, la dimensione è un fattore cruciale anche per poter sostenere gli ingenti investimenti che attendono tutto il sistema bancario nei prossimi anni”.

Sul futuro di Banca Mps vale ancora il teorema dei quattro matrimoni per evitare funerali? Le opzioni che avete presentato girano sempre attorno a Ubi, Banco Bpm, Bper?
«Io non partecipo al gioco dei nomi, anche se è evidente quale sia la mappa del credito in Italia. In teoria il
Monte potrebbe essere un partner per tanti, in pratica la lista è più ristretta».

Come si presenta Banca Mps all’appuntamento con le possibili aggregazioni? Ha l’abito giusto per la cerimonia?
«Si presenta come una banca in fase di ristrutturazione e al tempo stesso all’inizio di un percorso di rilancio. Ogni valutazione sul Monte dei Paschi deve essere contestualizzata. Io valuto dov’era la Banca a fine 2016, in che condizioni si trovava quando sono arrivato e dov’è oggi, dopo due anni di piano di ristrutturazione. Ognuno può esprimere un giudizio e una valutazione».

Nei processi spuntano le lettere della Bce, nelle quali si parla di banca tecnicamente fallita nel 2015...
«Vale quanto detto sopra. La Bce e la Commissione Europea hanno approvato a metà 2017 un piano di ristrutturazione che ha portato il Mef a diventare azionista con il 68% alla fine dello stesso anno.  Guardiamo ai risultati del 2018 e alle prime evidenze del 2019.  Dico sempre che gli azionisti sono liberi di esprimere le proprie opinioni, valutare cosa ha fatto il management ed il percorso intrapreso dalla Banca».

Lei ripete spesso che non solleverà mai problemi di governance, che l’attuale management non sarà mai un ostacolo a qualunque operazione per il futuro...
«Noi scadremo con il bilancio 2019, l’Assemblea Mps nella primavera del 2020 nominerà un nuovo consiglio d’amministrazione. Il mio mandato è sempre stato a disposizione dell’azionista che è libero di decidere quello che ritiene più opportuno».

Come starà il Monte dei Paschi nel 2021?
«L’evoluzione sarà funzione di tanti fattori, diversi dei quali non sono nel controllo della Banca.  L’imperativo resta sempre quello di rendere sostenibile la banca in ogni contesto».

Sarà ancora il Monte dei Paschi di Siena?
«La banca, come sempre, dovrà perseguire gli interessi dei clienti, dei dipendenti e di chi interagisce con essa. Le decisioni e le strategie sono legate all’evoluzione degli scenari. Vorrei sottolineare che con il piano di ristrutturazione approvato dalla Commissione Europea, il Monte è rimasto a Siena e gli obiettivi di riduzione del personale concordati, non prevedono nessun licenziamento”.
 

Pino Di Blasio