Corriere della Sera – l’Economia,
Parla Marco Morelli, amministratore delegato del Monte dei Paschi «Il governo? Si è impegnato con Bruxelles in un piano pluriennale e a metà del prossimo anno dovrà definire la sua uscita dal capitale»
di Stefano Righi
Il primo bilancio trimestrale in utile dopo due anni. La prima volta da quando lo stato italiano è diventato azionista di maggioranza del Monte dei Paschi di Siena. Ma il risultato non ha evitato a Marco Morelli e a Mps di finire nel mirino della politica, con un effetto raggelante: titolo sospeso in Borsa per eccesso di ribasso e nuove nuvole scure sul Monte.
Morelli, lei è amministratore delegato di Mps dal 20 settembre 2016. Questa trimestrale poteva essere il momento più bello...
«Da quando sono arrivato e per tutto il 2017 è stato un lavoro non ordinario. La vera ristrutturazione è iniziata quest’anno».
Un lavoro duro?
«Sì, assolutamente. Per due ragioni: il numero degli interlocutori, molto ampio e la necessità di mandare contestualmente avanti la banca. Abbiamo dovuto tenere conto delle esigenze di Banca centrale europea, Commissione europea, governo italiano, clienti, investitori, dipendenti e dei loro rappresentanti, dei media... Tantissimi interlocutori, ognuno portatore di una istanza diversa e talvolta in contrasto con quella degli altri. È stata per diversi mesi la gestione di una emergenza continua, in cui era molto difficile pianificare e mettere in fila tutta una serie di iniziative di cui la banca, un istituto di 23.400 dipendenti e diversi milioni di clienti, aveva bisogno per rimanere sul mercato e confrontarsi con i concorrenti».
Però non ha risposto: è questo industrialmente il momento migliore?
«Per tutto il 2017 ho cercato di parlare il meno possibile. Ritenevo necessario partire da alcuni riscontri fattuali. Questo primo trimestre evidenzia dei numeri che fanno vedere come la banca abbia iniziato ad invertire la direzione di marcia. Questo in un contesto molto complicato e grazie all’aiuto di tutti i dipendenti. Abbiamo preso la traiettoria giusta, dobbiamo mantenere un passo che deve essere il più possibile intenso, veloce, organizzato e strutturato. Ma ci vorrà molto tempo. La ripresa del Monte non sarà cosa che si materializza nei prossimi trimestri. Il piano dura quattro anni, fino al 31 dicembre 2021. Credo che la linea debba essere tirata alla fine di ogni anno. Quindi, per risponderle, credo che questo sia un bel momento nel quale però nessuno deve pensare che il problema sia ormai risolto. Anzi, è il momento di aumentare la determinazione e l’intensità».
E il momento più brutto quale è stato?
«Non ho mai pensato di non farcela. Siamo sempre stati convinti che avremmo rispettato gli impegni e le scadenze. Molte erano ravvicinate e tutte fondamentali. Ci è costato grande impegno e fatica, anche perché il nostro piano di ristrutturazione era il primo caso di applicazione del regime degli aiuti di stato nell’ambito della direttiva Brrd - la cosiddetta ricapitalizzazione precauzionale temporanea -. È stata una prima volta per tutti, anche per i nostri regolatori».
Veniamo al bilancio: 188 milioni di utile netto. Quanto ha pesato il vantaggio fiscale che avete potuto computare grazie alle perdite degli anni passati?
«Abbiamo prodotto un utile di 111 milioni prima delle imposte che è un numero importante, soprattutto rispetto a quella che era la traiettoria della banca lo scorso anno. Ma questo, voglio sottolinearlo, è il frutto del lavoro che è stato fatto nel 2017, sull’efficacia commerciale, sul presidio dei costi, la qualità del credito, la gestione dei crediti deteriorati».
Guardiamo alla parte alta dei ricavi. Tutte le banche hanno ricavi da interessi in flessione per il basso costo del denaro. Mps però evidenzia anche una flessione dei ricavi commissionali. Come si
spiegano questi due contemporanei cali?
«Con due numeri. Negli ultimi sei anni Mps ha avuto un deleverage sullo stock degli impieghi di circa 55 miliardi di euro. Inoltre, nel 2016, la banca ha perso 28 miliardi di raccolta commerciale. Solo nel 2016. È evidente che in queste condizioni il conto economico cambia in maniera radicale. Sono numeri molto rilevanti. Noi siamo dovuti ripartire su delle capacità di produrre ricavi molto più basse e su queste nuove basi stiamo sviluppando gli impieghi e le masse di raccolta. Ripeto, ci vuole tempo».
Non mancano le critiche. C’è chi sostiene che stiate facendo pagare il conto ai dipendenti: le spese per il personale sono in calo del 9 per cento, 37 milioni in meno.
«Noi abbiamo negoziato un piano di ristrutturazione con la Commissione europea che non prevede un singolo licenziamento. Non è stato facile. La riduzione del numero dei dipendenti viene fatta con l’applicazione del fondo di solidarietà che è esattamente quanto stanno facendo anche tutte le altre banche».
All’annuncio dei dati trimestrali il titolo ha guadagnato il 20 per cento in due giorni, prima dei crolli legati alle dichiarazioni politiche. Quasi che i mercati vi avessero sottovalutato, non dessero credito a quanto stavate facendo.
«Negli ultimi sei anni i bilanci del Monte hanno evidenziato quello che tutti conoscono. Ci sono state dal 2011 tre operazioni di aumento di capitale per oltre 10 miliardi di euro. In questo contesto il mercato chiede al Monte dei Paschi una credibilità e una sostenibilità nel conseguire le tappe del piano. Poi, di volta in volta, il mercato farà le sue valutazioni su quanto saremo stati in grado di fare».
Quindi, avete fatto molto bene?
«È stato un lavoro di squadra. Io non ho meriti particolari. Tutti sono stati sottoposti a pressioni molto intense. Ma questo risultato è un primo passo fondamentale. Avevamo detto che avremmo fatto una serie di cose e abbiamo rispettato gli impegni. Su alcuni ambiti saremo in anticipo sugli obiettivi su altri indietro, come sempre accade. Ma con un trend complessivamente positivo».
Capitolo Npl. Avete ceduto attività per 24,1 miliardi di euro. A che punto è la gestione dei crediti non performanti?
«Questa è la più grande operazione di cessione di Npl che sia mai stata fatta da una banca in Europa: oltre 80 mila file di credito. Un’operazione che ha ottenuto un rating per la cartolarizzazione migliore delle previsioni. Continuiamo a dare segnali che stiamo facendo, nei tempi e nei modi concordati, quanto avevamo detto avremmo fatto. Questo aumenta la credibilità della banca rispetto agli osservatori esterni, anche in prospettiva: sto pensando agli Utp, le inadempienze probabili».
Veniamo ai rapporti con l’azionista principale. È molto ingombrante?
«Assolutamente no. I rapporti sono improntati alla trasparenza e al rispetto dei ruoli. Noi stiamo percorrendo un sentiero tracciato molto stretto. Non possiamo divagare. Il ministero del Tesoro entro il 2019 deve presentare alla Commissione europea il suo piano d’uscita dal capitale di Mps, che sarà perfezionato entro il 31 dicembre 2021, data di conclusione del piano».
A 18 mesi dal salvataggio, come sono i rapporti con il governo?
«Abbiamo rapporti tecnici con le strutture del Mef e con tutti gli azionisti, come deve fare una società quotata».
Ma l’azionista pubblico pesa molto più degli altri. Lo abbiamo appena visto.
«È un azionista molto importante, libero nelle proprie determinazioni ed è in grado di valutare quello che abbiamo fatto, stiamo facendo e faremo all’interno di un percorso segnato dagli impegni assunti a livello europeo».
Nella vostra condizione particolare, soffrite più o meno dei concorrenti l’assenza di un governo?
«Noi ci troviamo ad avere un percorso già tracciato, con obiettivi pluriennali ampiamente discussi ad ogni livello. Noi non possiamo uscire da questo sentiero e abbiamo ben presente che l’impegno con la Commissione europea a portare avanti il piano non lo ha preso solo la banca ma lo ha preso il ministero dell’Economia. È il ministero dell’Economia, lo stato italiano ad essersi impegnato con la Commissione su un piano pluriennale che scade a fine 2021. Io devo garantire l’esecuzione del piano e con il management ho bisogno di un appoggio molto forte e continuo da parte dell’azionista di maggioranza per raggiungere obiettivi molto impegnativi».
Cosa invidia ai concorrenti?
«Questa è una situazione unica, non comparabile».
Avverte qualcosa che vi manca?
«Forse un po’ di tranquillità e di serenità. Per poter fare quanto abbiamo in mente, nell’ambito del nostro percorso, a parità di condizioni con i concorrenti».
Faccia una previsione. Come finirà il 2018 per Montepaschi?
«No, non ne faccio. Non abbiamo bisogno di previsioni, ma di risultati».
Allora mi dica se questi risultati sono sostenibili nel tempo.
«Questo è un primo passo. Un primo trimestre importante, c’è stato finalmente un cambio di direzione».